Routine, Rating: G

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view post Posted on 27/5/2009, 21:28
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Piovevano monotone gocce sulla periferia di Londra, nate da nuvole che impedivano di veder nascere il sole in quel freddo giorno d’autunno. La pioggia batteva su quel grigio e solito edificio, cercava forse di lavare via il marcio che vi risiedeva dalla sua costruzione, cercando di perforarne le mura e bagnare coloro che vi erano rinchiusi, per purificarne gli animi grigi e neri.
Ma la pioggia non vi arriva, con o senza mura.
La macchina avanzò pigra per la strada, al posto di blocco il guidatore mostrò alla guardia il proprio tesserino, ormai era solo una formalità: dopo tutti questi anni ormai conoscevano a memoria la sua faccia. Lasciò la frizione e spinse sull’acceleratore. L’auto entrò nell’edifico attraverso un portellone, inoltrandovisi come una talpa in una galleria sotterranea. A quell’ora il parcheggio era vuoto per metà, il grosso del personale diurno sarebbe arrivato tra qualche ora. Sostò il veicolo nel parcheggio a lui riservato. Rimase per qualche attimo nell’abitacolo, mani sul volante e cintura allacciata. Chiuse gli occhi e sospirò. Quindi uscì, chiudendo l’auto. Avanzò lungo il parcheggio, verso l’ascensore. Piano -1. Lo spogliatoio era semi deserto, l’unico che quella mattina gli faceva compagnia era il vecchio sdentato dell’agenzia di pulizie. Una gran bella compagnia, davvero. Aprì il suo armadietto e tirò fuori la divisa indossandola al posto degli abiti, presto riposti nell’armadietto. Il vecchio gli sorrise, lui lo salutò con un silenzioso cenno della mano. Uscì. Tornò di nuovo all’ascensore. Piano -5. Quando le porte si aprirono al piano scelto suonò la sveglia. Un suono che ormai conosceva a memoria, inizialmente era fastidiosamente irritante, ora l’orecchio la assimilava come un quotidiano rumore, quasi indispensabile. Avanzò a passo svelto e sicuro lungo il corridoio. Orami era arrivato alla sua meta, un numero e una maledizione.
1128.
Inserì il codice e la porta si aprì.
Zolf James Kimby uscì dalla cella, con quel suo solito sorrisetto stampato sul volto affilato.
“Buongiorno signor Smith.” Lo salutò il detenuto, come tutte le mattine.
Non avere rapporti con lui, questi erano gli ordini.
Avanzò imperturbabile lungo il corridoio, verso la mensa.
Lo faceva per il college di Jack, per il regalo di matrimonio di Lisa e per la nuova casa al mare con cui passare l’estate con la famiglia. Per la sua felicità.
Questi pensieri, questi atti, lo accompagnavano tutte le mattine da anni, in una vorticosa routine.
 
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